lunedì 29 novembre 1999

Bigmouth Strikes Again

Da un po’ di tempo mi sorprendo a fare  un esercizio, che per ora  sortisce scarsi risultati, devo ammetterlo. La cosa è molto semplice;  consiste nel porre un filtro tra quello che penso e quello che dico, mi spiego, il mio non è proprio un atteggiamento finto, non ha un intento recitativo o falso, è più un eccesso di sensibilità. Quando il pensiero incriminato si forma e sento che sta per diventare frase, trattengo il respiro e penso:  “ok, questo servirà a migliorare i rapporti con questa persona? una volta che questa frase sarà pronunciata che risultato otterrò? producente o …controproducente?”

L’esercizio è sono alle fasi iniziali, mi ci vorrà un po’ di tempo per perfezionare la tecnica e anche quando riuscirò pienamente a padroneggiarla non sono sicura che sortirà in me e negli altri risultati soddisfacenti.
È bene censurare se stessi? In molti casi, anzi la buona parte di essi è davvero “cosa buona e giusta!” si evitano tanti malintesi e malumori, ma per altri questa limitazione è come una cintura troppo stretta, ti costringe a trattenere il respiro, la tua figura sembra più sottile ma a lungo andare sopraggiunge il  mal di stomaco, cedi e strabordi …mamma mia che immagine.

Tutte le domande dettate da eccesso di curiosità, le occhiate indiscrete, il pettegolezzo forzato, le rivelazioni azzardate sono un pericolo; svelano troppo di noi stessi più che svelare qualcosa degli altri, ci lasciamo scappare alcuni dei difetti peggiori dell’essere umano.
In altri termini, non è che io sia una spifferona, o mi diletti in commenti senza filtro, ma molte volte la cosa sbagliata mi esce proprio nel momento sbagliato. é necessario, essenziale dire tutto, proprio tutto, ADESSO??

Questo ovvio non accade solo a me, ma quando mi riconosco in quel atteggiamento per molti versi odioso,  torno ad esercitarmi nella tecnica…
Che prezzo dobbiamo pagare, per essere brillanti, divertenti, spigliati e allo stesso tempo comprensibili, affidabili e discreti?

Le parole hanno il loro peso, a volte le pronunciamo con una leggerezza estrema e non ci accorgiamo che come macigni colpiscono e lasciano il segno.

“Boccaccia, boccaccia
Boccaccia colpisce ancora”…

The Smiths.

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