martedì 12 settembre 2017

La ballata dei se...per ritrovare te


Se tutto passa, e passa veloce, se tutto reclama il suo spazio, in mezzo al caos e lo schiamazzo dei giorni, che sono per ragioni avverse o scontate, sempre gli stessi.
Se tutto ha un senso, anche se ci sfugge, se questo attimo realmente non ci appartiene e ne siamo consapevoli, se…
Se questo mondo che gira e non ci lascia scampo, tra terremoti e uragani, emotivi e reali. Se non abbiamo manco il tempo di prendercelo il nostro tempo, se è vero che la corrente ci sta trascinando in anni che sembrano giorni, e il nostro trasformarci non si evince se non in una frazione riflessa, allora…
Fermati un attimo qui, con me e manda tutto all’aria per un istante, spegni il controllo e accendi lo sguardo su un punto lontano, il tuo punto. 
Allenta le redini e lascia che la corrente attraversi le tue tempie, i fianchi e i piedi, che scivoli via. Solo per un istante, nostro, tuo.
Che il mondo vada in frantumi, che le responsabilità stiano in piedi da sole, che l’ansia di essere lasci il posto all’essere è basta.
Nell’immobilità di un istante, solo per poco, solo per quella frazione di spazio, in cui puoi essere tu, senza il contorno, senza pretese, senza i divieti e senza lo schermo e i tasti che ti bloccano le dita.


La vita, sta scivolando lontana, troppo veloce, troppo estranea ed è forse il tempo di prenderci di nuovo il nostro tempo, quello interiore, quello vero.

Nulla potrà. Fermarci.


Registriamo i dati, prendiamo i battiti, le luci sono settate, tutti pronti al mio via, accendete il registratore.
Siamo pronti tra 3, 2 , 1.
Il settaggio macchine è quasi ultimato, aprite il labirinto, lasciate che le cavie entrino nel recinto. 
Al mio start attivate le connessioni, la luce verde, la luce gialla, al rosso tutto sarà pronto. 
Che le unità pensanti si tengano pronte, che le squadre di uditori alzino i microfoni, mancano pochi attimi.
Nessuno si muova, atteniamoci alle procedure di controllo, stiamo dando via alla storia, siamo lanciati verso il futuro.
Che si dia il via al lancio, bloccate le vie di fuga, prendete parte, ai vostri posti.
Che qualcuno abbia il coraggio di fermarci, nessuno potrà bloccare il progresso.
3, 2 1.
Che l’esperimen...
Che l’esperimento...
Che l’esperimento 11 abbia...

....abbia inizio, ora!

lunedì 11 settembre 2017

La felicità nascosta



La città non si è ancora svegliata eppure brulica di sospiri e respiri, si nasconde sotto le lenzuola fresche della primavera, quando il caldo che preannuncia l’estate è solo un ricordo che sta per tornare.
Si muove, inconsapevole, sotto la coperta fine dei sogni, dei pensieri che il giorno porterà e dei progetti che non si sono ancora formati, ma che esistono da qualche parte.
Il mattino arriva come il risveglio, che riporta la vita alla realtà dopo il sonno.
"Rimetterti in moto", ma aspettiamo ancora un po’, un ultimo istante, ad osservare la sagoma riconoscibile della felicità, l’attimo in cui non siamo ancora noi, ma siamo solo un fresco sogno prima di trasformarci in quello che il giorno reclama.

La felicità nascosta, dentro quell'attimo che è solo nostro, senza pretese, senza attese, semplice, e sconvolgente, come respirare.

Quello che le mamme non ascoltano



Delia piange ininterrottamente da un tempo interminabile, non vuole sentire ragioni, non si metterà il cappello ora che soffia il vento forte, che sta per piovere. È cocciuta, nessuno le terrà testa, prego solo di arrivare a casa, dove il vento sarà solo fuori, e non potrà farle male.
Ma ora accetto, accetto che lei urli, strepiti e che non si lasci ammansire da nessuna mia mossa, nessun mio asso nella manica la farà desistere.

Sara è in mezzo alla strada, ha deciso di non fare un passo più in là, nemmeno uno per raggiungere il marciapiede, è già chinata, pronta a togliersi le scarpe, e anche se vorrei urlare, riesco solo a strattonarla e poi prenderla di peso, e portarla in salvo. Urla, la gente la guarda, la gente mi guarda ma è solo una bambina, è solo un capriccio.

Andrea fa mugugni mentre beve il suo tè, mugugna e interminabilmente, instancabile, fa quel verso, mi tocca i capelli e continua a non star fermo, si muove urtando le persone, urtando me, il piede scalcia, la suola colpisce il sedile, gli altri vicino. Bambini, mamme, urla, capricci e gli occhi della gente. Mamme che non ascoltano, apparentemente insensibili, instancabili.
Tutto urla, maleducazione, giudizi, accuse. I figli fanno capricci e loro non fanno nulla, lascian correre, una futura generazione allo sbando. Se lo avessi fatto io da piccola i miei me le avrebbero date d santa ragione, da piccolo mi bastava lo sguardo di mio padre per farmi stare ferma, immobile. 

Quello che le mamme non ascoltano. Quello che le mamme scelgono di non ascoltare. Perché la tolleranza è una linea sottile verso la sopravvivenza. È se non fosse vero che i capricci nostri fossero stati tutti redarguiti? Forse quelli che ci ricordiamo sono solo una piccola percentuale, una goccia in mezzo l’infinito. E se non fosse quella debolezza, ma un livello superiore di tolleranza, il mestiere di genitore è una strada irta piena di ostacoli, mal di testa e giudizi, quelli interni, quelli esterni.

Quello che le mamme non ascoltano, è la linea dolce della coccola e della carezza, la consapevolezza che tutto passa, che la fase cambia e che il giorno dopo andrà meglio. Quello che noi stancamente tolleriamo per 2 minuti o poco più è una vita di dolce attesa, richiami, pazienza che ogni genitore regala a chi ha creato, senza chieder niente in cambio.
Perché tutto passerà. Tutto passa.

lunedì 20 giugno 2016

Infinite possibilità: zero


C’è un gatto in una scatola, un gatto che qualche genio ha voluto vivo e ha voluto morto, allo stesso tempo, nello stesso spazio, ma in infinite variabili di mondi possibili, tutti qui, ora dentro la scatola, nel tuo sguardo.

C’è un gatto che qualche genio ha voluto sia vivo sia morto, perché c’è un pazzo che ha messo dentro un veleno, che è mortale solo se decidi di svelare il mistero, lo svelerai tu, o deciderai di liberarlo, deciderai di liberarti.

L’esistenza è una cosa che una parte di te crede sia possibile, e non ne esiste una, ma esiste la tua. Decidi di essere quel gatto, la scatola o il pazzo che ha messo il veleno.


Il paradosso dell’esistenza tra gatti e scatole, dei pazzi e dei geni. 

Il tuo ritorno. Futuro



Sentiva il vento fresco che iniziava a soffiare dando inizio alla sera, il caldo saliva dalla terra e lei non aveva intenzione di fermare i suoi passi. Andava avanti e non sapeva dove.
La sua non era una fuga ma un ritorno, un ritorno alla vita che aveva posticipato da tempo. Non aveva dimenticato i cieli azzurri nascosti dietro le nuvole, il profumo del mare, e l’erba che si piegava sotto i suoi passi. Nudi, i piedi e i pensieri, ora si svelava nuovamente al mondo con le sue intenzioni.
Stava solo riprendendo il sentiero che aveva intrapreso tempo fa, aveva iniziato sola, e sola ora attraversava i pensieri e gli anni, che l’avevano allontanata dal tragitto che il destino aveva scritto per lei.
Ostinatamente per lungo tempo, lo aveva abbandonato quel disegno, lo aveva messo da parte quel progetto, posticipando, piegando la testa e lo sguardo, allontanando ogni fottuto secondo quello che la sua natura la spingeva ad essere.

Nascosta come una moneta nella sabbia, che sai essere preziosa, sai essere lì da qualche parte, ma non vedi, non vuoi cercare, ma che non può cessare di esistere.

domenica 3 aprile 2016

Una lettera d'amore a me stessa


Tutte le volte che ho perso contatto con me stessa, quando l’immagine di me non corrispondeva a quella che volevo, l’essenza non rispondeva alle azioni che svolgevo ogni giorno ho ritrovato il senso in un’unica piccola grande cosa: te.
Una compagna che nonostante tutto c’è e ci sarà sempre anche se a volte la dimentico, e lascio che tu sia solo un pensiero dentro la mia mente.

C’è chi ha la musica, chi la pittura, il disegno o lo sport come forma di espressione io ho te e ne sono contenta.  Sei nata con me o poco dopo di me, fai parte della mia indole, io sono te e tu sei me stessa, che tu sia un testo per lavoro, una lettera, una poesia, un articolo o un biglietto d’auguri. Io sono le parole che si formano sotto i tasti, la pressione delle dita, la trasmissione del mio cervello in caratteri e penso che non sia una cosa scontata.

Non sei un dono adatto a tutti non una cosa che si può improvvisare. A volte è estremamente semplice, altre mi costringi a passaggi contorti, a periodi di pausa, a lavori di creazione e distruzione, lavorando per sottrazione, per poi aggiungere a poco a poco, altre volte si un fiume che non ha sosta, e le parole che escono sono così perfette, così ben accoppiate che non potrebbero stare in fila meglio, mai se non in quella forma.
Ogni volta come ora che mi sento lontana, che mi manco disperatamente, so di ritrovarmi qui, in una pagina vuota da riempire, in uno schizzo con la calligrafia spigolosa, in un file salvato e poi dimenticato sul computer, o dentro pochi caratteri in un tweet.

Quando mi allontano da te, mia piccola gioia, io smetto di essere, mi annullo in qualche altra attività meccanica che non mi appartiene. Tu sei la consapevolezza che posso sopravvivere oltre, oltre il tempo, oltre lo spazio fisico di queste quattro mura, nonostante le costrizioni, nonostante gli ostacoli e in nero intorno.
A volte sei dolorosa, tagliente, crudele, altre affascinante, mielosa,consolatoria, fresca, pulita, piena di guizzi o coraggiosamente reale ma qualsiasi forma tu assuma in me io ti accetto e la amo.
Raccontarsi, con qualsiasi forma di arte che sia la musica, la pittura, la cucina è per l’essere umano un bisogno primario, che ci trasforma da semplici corpi sterili in creature bellissime e piene di sfaccettature.

Io so quello che sono, io so quello che voglio, io so quello che vorrei in futuro. E non ci sarà mai nulla che potrà far crollare questa consapevolezza.

Oggi ad un soffio dei miei 33 anni sono diventata grande, ho capito e questo mi basta, per sentirmi meglio.